È drammatico mettersi in macchina, accendere la radio ed essere assaltati dalla drammatica notizia della “morte di un eroe”. Ancora più drammatico è notare che questo tipo di notizie è sempre più frequente, ogni giorno durante il pranzo si accende la televisione magari per educare i nostri figli al valore dell’informazione, e invece ci si ritrova a dover spiegare che di lavoro si muore.
Proprio ai bambini, che crescono giocando a fare il medico, a fare la mamma, a fare la maestra, a fare il poliziotto. Vengono educati da noi adulti a ricercare, con avidità di conoscenze ed abilità, il loro posto nel mondo attraverso il lavoro che meglio gli permette di dare realizzazione al loro spirito e alle loro passioni. Poi, attraversano il burrascoso periodo della giovinezza in cui non sanno quale scelta lavorativa operare, non sanno se continuare a studiare o se inserirsi, con tutte le difficoltà e le scarsità di domanda della nostra società, nel mondo del lavoro.
È una vera Odissea per tutti loro, con continuo errare fino al punto in cui non ci si sente soddisfatti di quello che nella quotidianità si svolge. Si sbaglia, si continua a vagare, a cercare quel lavoro capace di nobilitare l’animo umano fino al raggiungimento, o quantomeno all’ apparenza dello stesso, di un benessere prima spirituale e poi necessariamente materiale.
Si ascoltano storie di giovani che non riescono, nonostante l’impegno, nonostante la capacità, ad avere un’occupazione all’ altezza delle loro ambizioni. Tutte storie di sudore, di entusiasmi, di vere e proprie battaglie. Tutte storie che noi adulti ci raccontiamo perché ognuno di noi si sacrifica, ci mette passione, per raggiungere le proprie aspirazioni. Eppure, dopo tutto questo, dopo questo interminabile cammino, dopo il continuo assecondare quello spirito che ci tiene vivi e che ci sprona ad andare sempre oltre i nostri limiti, “di lavoro si muore”.
Tutte le volte che muore un lavoratore muore un eroe, muore un uomo che si batte per il fondamento della nostra Repubblica, il lavoro.
È proprio la Costituzione che si apre con un magnifico articolo, Repubblica fondata sul lavoro. Quel lavoro che tanto ci affanna, sia per raggiungerlo che una volta raggiunto; quel lavoro che sottrae tanto spesso tempo agli affetti, agli hobby, alle amicizie, quel forte senso di responsabilità che anima ogni uomo che vuole emergere per l’eccellenza con cui svolge il proprio lavoro, ci conduce alla morte.

Ed il fatto che si chiamino “morti bianche” non addolcisce per niente il concetto; la purezza che contraddistingue l’ideale di raggiungere la propria soddisfazione personale e l’esigenza di fronteggiare economicamente le contingenze della vita attraverso il lavoro, non deve mai fungere da giustificazione. Non deve mai farci, neanche minimamente, pensare che per questo fine ne valga la pena. Non si diventa eroi quando si muore di lavoro, si è già eroi quando si spende il tempo della propria vita lavorando, quando si torna in famiglia o tra gli amici e si può gridare e festeggiare delle proprie vittorie e dei propri progressi lavorativi.
Questo significa essere eroi, quando invece si muore significa che si torna a scoprire il tallone d’ Achille, l’unico punto debole di questo sistema perfetto che tanto concede gloria all’ uomo quanto lo condanna. Per questo è sempre utile, anzi auspicabile, rivendicare sicurezza sui luoghi di lavoro, perché il lavoro è vita e mai dovrebbe diventare morte o malattia o infortunio.
I veri eroi, che si battono per ciò che la nostra Costituzione garantisce e cerca di perseguire, lottano per avere più tutele, più vigilanza sull’ attuazione delle norme esistenti! Eroe non è solo chi “muore in divisa”, eroe è ogni uomo che, ogni giorno, si veste di legalità guadagnando dignitosamente il proprio pane, indossando la bandiera dello Stato Italiano che, con la promozione dei principi di giustizia sociale ed equità, esorta noi tutti al lavoro.
Ogni volta che un uomo muore di lavoro lo Stato perde un eroe, i figli, le mogli i mariti perdono il loro eroe.
Che si tratti di forze armate, di forze dell’ordine, di braccianti agricoli o commercianti, di medici od infermieri, di casalinghe o baby sitter, ogni volta che muore un lavoratore, muore un eroe. Nessuno escluso! La più grande falla nella nostra più grande impresa di vita ha luogo.
Pensiamoci e battiamoci per ciò che ci onora, restiamo umani innanzi alla continua ricerca di sicurezza.
Ogni morte, ogni sconfitta ci rende più poveri ed umili e ci fa crescere l’appetito e l’avidità in termini di tutele del nostro supremo diritto alla vita.
Per. Ind. Gaetano Romanazzi